Artista

Entro il “Design” ed oltre il “Design”, il “significante dell’Arte” nell’opera di Luciano Manara. A cura del Prof. Giuseppe Paoli

a Materia diventa Arte’’, organizzata dalla Fondazione Mazzoleni, presente a Bergamo dal 22 Aprile al 27 Maggio 2023, in collaborazione con il CCM Museum di Catania, vede le due organizzazioni impegnate da diversi anni a promuove la diffusione dell’Arte Contemporanea in tutto il mondo, ponendo particolare attenzione alle nuove leve emergenti e ad artisti affermati come il Designer, Pittore e Scultore Luciano Manara. 

L’artista, è presente con la sua nuova scultura dal titolo “Ce lo chiede l’Europa”, un’opera creata per esprimere tutto il disagio dell’attuale condizione socio culturale e ambientale .

Un’artista a tutto tondo,Luciano, che spazia nell’ambito dell’Arte da molti anni, avendo ottenuto numerosi riconoscimenti nazionali e internazionali, utilizzando nelle sue sperimentazioni, componenti polimaterici e contenuti fuori dal comune non allineati agli standard dell’Arte Ufficiale. La sua eclettica creatività di Artista, lo vede presente con le sue opere in diversi ambiti, nel “Design”, con le sue multiformi ambientazioni d’arredo moderno e/o classico, oppure rielaborando lo stile “Vintage” o “Retrò”, ribaltando i canoni apparenti di arredamenti, che vanno oltre la ricerca sperimentale, in innovazioni di gusti raffinati, che ne esaltano le personalizzazioni delle committenze in caldi logos della memoria e dei formali elementi funzionali che le compongono. 

Così la sua fantasiosa “Bigiotteria” con le originali creazioni appagano i fruitori, nella raffinatezza di monili che non hanno pari nella gioielleria più ricercata. Oppure nell’ambito, come lui lo definisce “Bourlesque” con i suoi sandali arricchiti da decorazioni preziose, tali da diventare pregiati soprammobili d’arredo, abbinandosi con i suoi punti luce fantasiosi. Le sue realizzazioni non si limitano solo a questo, sono molteplici e spaziano nell’”Enologia” con i suoi packaging e loghi di vini di pregio, nella “Pelletteria” con le raffinate creazioni di borse con elementi decorativi di gusto, in pratiche soluzioni. 

Ma ciò che colpisce di più di lui è nell’ambito della Pittura e nella Scultura, in cui l’Artista riesce a trovare soluzioni estetiche che vanno al di là delle composizioni cromatiche, delle forme e dei materiali usati, in ardite composizioni, che oserei definire di rottura e di denuncia spaziando dall’Arte Concettuale all’Arte Astratta e al fantasioso connubio compositivo ad altre forme espressive, fino a portare il fruitore verso la conoscenza e la scoperta di un linguaggio estetico nuovo e coinvolgente, riscontrabile nelle sue opere totalmente innovative e rivoluzionarie, come il “Cristo affrancato dall’oppressione della croce“, 2014, alla “Penna nella roccia“, 2018, dalla dissacrante ironia de “L’attesa” o come lui la definisce “L’Osso”, 2017, al grido di sofferenza di “Mamma perdonami“, 2018, a “Il guardiano dell’anima” 2016, “Giro giro tondo“, 2016, “Fate questo in memoria di me“, 2017, “Avanti un altro“, 2018, “Chi di tasse colpisce, di tasse perisce“, 2019, ‘In Attesa di una sana politica”, ”È tutto un bluff”, ”Il pesce grande mangia il pesce piccolo”, 2022, “Paralume con chiave di Violino e libro cassetto”, all’ultima serie di “Crocifissi” realizzati come denuncia contro la ripugnanza della guerra, della dittatura sanitaria, il controllo delle menti, ed altre sculture, opere da parete e installazioni pubbliche e private, come “Oltre la porta c’è la vita” o come ne “Il Monastero dell’antico Orcio”, fino ad arrivare alla sua ultima creazione già citata, dal titolo “Ce lo chiede l’Europa”, che uniscono alla forza di un messaggio diretto, un contenuto più criptico, occultato, ed altre, legate spesso a simbologie astrali, alchemiche e numerologiche. 

La sua ricerca si avvale di un linguaggio estetico concettuale di forte caratterizzazione artistica appagante e critico, i cui concetti e le idee espresse, sono più importanti del risultato estetico e percettivo dell’opera stessa. 

Nel suo procedere creativo, appare evidente l’essere “testimone del suo tempo” e proprio in questo, ne scaturiscano opere, che seppur dissacranti per alcuni, sono invece per i molti, impregnate di un’Arte Istintuale priva di bigottismo sterile e pedissequo, fondata sulle realtà quotidiane, sul pensiero, sull’uso di metafore e non su un ormai frainteso ed equivoco piacere estetico strumentalizzato. 

In merito alla sottile borderline e al riconoscimento del “Designer” come “Artista”, il discorso si complica e credo sia necessario fare una disquisizione storica, tecnica e morale dell’esercizio creativo, nell’intento di comprendere appieno le finalità di Luciano. 

In realtà, il “criterio di valutazione è strettamente funzionale”, ponendoci in grado di comprenderne il “significato” e il suo “valore”, in quanto propone costanti soluzioni formali” che vanno oltre la naturale “concettualizzazione umana”, ma non contro, la sua “funzione intesa in senso stretto”.

L’impianto dell’insieme, per il Designer Luciano, con la sua “raffinata ricerca” e l’”eleganza”, rappresentano figurativamente, “la propria funzione” di Artista e ne dimostrano l’intenzione precisa di reinserire nel suo “Design”, elementi tradizionali capaci di personalizzare l’”oggetto d’Arte” e di conferirgli una individualità stilistica nella stilizzazione coerente nella realizzazione. Ma, anche, in questo caso il processo di “risemantizzazione dell’oggetto”, pur fondandosi su una “corretta impostazione metodologica”, si affida a messaggi decifrabili entro l’ambito ristretto di una “cultura particolare”, che è ancora una “cultura di élite”, ma allargata e come tale in grado di delibare, cioè “prendere una parte di qualche cosa“, così come in latino viene indicato: “aliquid stat pro aliquo“, cioè: “qualcosa sta per qualcos’altro” un tipo di comunicazione fatto di allusioni e di sottili riferimenti colti

La “risemantizzazione”, operata da Luciano nelle sue opere, è legata tuttavia proprio a quel tanto che vi è, in essa, da decifrare in più rispetto al messaggio intrinseco della funzione: per cui appare legittimo parlare, a proposito di “presenza figurativa”, cosi, come si può parlare, al contrario, di una “presenza astratta” e “concettuale”. 

Entro il “Design” ed oltre il “Design”, il “significante dell’Arte”, con il suo metalinguaggio, suggerisce dunque Manara: “l’esigenza è quella di qualificare nell’oggetto una figura culturale, di definire uno spazio operativo in cui sia possibile riconoscere e riconoscersi”. 

Va da sé che “una simile figura”, “un simile spazio” o “Logos” confrontati con l’”oggetto espresso” in cui si iscrivono, possono dar luogo ad un’”immagine unitaria” e “semantica”, in una “esperienza semplice ed evidente”. 

Si tratta, come il passo di Luciano suggerisce, di un meccanismo in cui «l’oggetto è se stesso e la rappresentazione di sé», è un incontro esplicitamente preannunciato e dichiarato tra linguaggio e metalinguaggio

L’”oggetto d’Arte”, realizzato da Manara è estremamente preciso, «una volontà tecnica di soluzioni che vogliono, prima di tutto, essere dimostrazione di non dispersione del messaggio», ed è anche «allusivo», parla cioè di una «condizione», che si vuole affermare, in una “situazione che molto realisticamente”, si vuol definire e puntualizzare, ma che, non meno realisticamente, trascende l’”oggetto d’Arte” stesso, nel più consueto rapporto, in cui il metalinguaggio di Luciano, è piuttosto «astratto» ed «allusivo» nel «sostanziale», tra il «filologico», «filosofico», «socio-culturale» e «pratico». 

E questa particolare dialettica interna, che spoglia l’Artista del suo essere «tecnico», per essere avanti tutto, «fruitore» al pari nostro, nell’allentare l’emarginazione dal suo “significato intrinseco per una condizione di ripensamento culturale e socio-culturale”.

Discorrendo di problemi culturali di tutt’altro ordine, ma di non diversa sostanza, Adorno ha osservato icasticamente: «Di fronte all’oggettività del potere sociale culturale, la ragione si è rifugiata — interamente ed ermeticamente — accusate di arbitrio dall’arbitrio dei potenti, che vogliono la impotenza dei soggetti, per timore dell’oggettività che è conservata solo presso di essi» e Manara si ribella. Lo “spazio” che poteva esser proprio al definirsi di un simile tipo di operazione e di intervento e di farvi coincidere un tipo di «cultura vista nel vivo», il “Designer” diviene “figura” “storica” e “culturale”, passa attraverso un “mestiere” e una “riflessione”, che sono «codificati», che si pongono quali “condizioni di un ruolo effettivo” e come tale in qualche modo riconosciuto, e si assiste ad un preciso «recupero di istanze positive» e tali da esser costruite muovendo da una socializzazione ma, al modo suggerito dal testo di Adorno, da un «recupero cosciente di individualità». 

È ovvio che non siamo di fronte a una soluzione pacifica anche perché Luciano è per alcuni detrattori, una «figura scomoda» come lo è “ogni forma individualisticamente qualificata” e attraverso la sua Arte, non resta che avviare per tentativi un recupero non astratto in ideologie che stimolino “creatività” e “non lontano agli stessi strumenti dell’operare con onestà intellettuale”. 

Si rifletta al caso di Bruno Munari, dalle antiche “Macchine inutili” in avanti, come a una continua polemica contro la “macchina“, ma oltre a questa, contro una finalizzazione rigida, a senso unico; a favore invece di una “a-funzionalità” che “non evita lo studio più attento del metodo di lavoro, di semplificazione dei mezzi”, che lasci l’oggetto disponibile a una varietà di situazioni altrimenti negata. 

Né va dimenticato un saggio del 1960. di E, N. Rogers, dal titolo sintomatico di “Memoria e invenzione nel Design” e in cui il “Design” è definito «disegno concettuale», e si pone la «memoria» come riscoperta di una “valenza culturale e sociale al centro del discorso”. 

Aveva forse ragione Argan a pensare, nel 1955, il “Designer” come il «deputato dell’utente presso il produttore», ma non era precisato come identificare il primo e dove rinvenire il secondo

Accadeva invece, la riflessione si spostasse su un altro tipo di questioni, toccasse il «DesignerArtista» su un superamento della vera nozione di «mestiere e di tecnica», aprisse una serie di discussioni di Psicologia delle Comunicazioni, delle Comunicazioni di Massa, della meccanica “domanda-offerta” in Sociologia, specie per i problemi connessi con la mobilità e l’assestamento, con la “continuità” e “discontinuità”, e via dicendo. 

Sicché, mentre da un lato si assisteva a una «formalizzazione» “storico-filosofica”, dall’altro si dilatava l’esigenza di impostare tutta una nuova serie di situazioni e di esperienze, di “proposte produttive e dimensioni culturali”. In pratica si veniva precisando come le funzioni assolte dagli ”oggetti d’Arte”,  nelle varie scale in cui questi erano collocati, venissero ora assunte da una sequenza di «sub-oggetti», di “insiemi mobili legati tra loro da sequenze” o “circuiti più duttili ed elastici e meno esplicitamente circostanziabili”, sicché si passa da una “oggettivazione formale“ a modi per intervenire prima della «formazione degli oggetti» o dei «sub-oggetti». 

Come si osservava poc’anzi, per contro, la tendenza della «mediazione culturale» era quella di costituire ”oggetti d’Arte” di largo consenso, attraverso una generalizzazione accentuata: come se la «realtà» fosse, proprio a quel punto, globalizzabile in “sistemi concettuali primari” posti in assoluta evidenza. 

Tutto ciò non poteva che far precipitare una crisi, che resterà latente fino al momento in cui si produrrà per “soddisfare singole esigenze”, ma verrà allo scoperto quando l’impegno diverrà più massiccio per i molteplici linguaggi estetici che ne deriveranno. 

Il circolo vizioso “Produzione-Designer”, si rivelerà allora in pieno. 

Da tutto questo prende forma la “forza espressiva”, la “natura eclettica” e “poliedrica” di Luciano Manara, nel cammino intrapreso che lo vede coinvolto tra “Valenze Semiotiche” e i fenomeni di «significazione» che vengono ad essere presupposti dai «concreti processi di comunicazione». Infatti la concezione di “segno“, ovvero il concetto di “entità” ha due facce, «significante» e «significato» e la differenza di questa definizione, risiede nel fatto che il “segno” ha a che vedere con un “artificio comunicativo”, la parte materiale del “segno“; un “Oggetto”, il “Referente” a cui il “segno” fa riferimento; e un “Interpretante”, ciò che deriva o viene generato dal “segno“, cioè tra il «Representamen» e l’”Oggetto Immediato”; come dire che un “segno” genera un altro “segno” attraverso un “processo di interpretazione”. A cui fa seguito la cosiddetta “sociosemiotica” che negli ultimi anni ha reso sempre più rilevante l’attenzione della disciplina nei confronti delle “significazioni sociali”. 

La “sociosemiotica” si interessa alla dimensione “sociale della discorsività”, vale a dire che intende partire dai “testi” e dalle loro “strutture interne” per individuarne le “implicazioni sociali”. Da un lato quindi deve essere posta attenzione al contesto: “manipolazioni”, “strategie”, “atteggiamenti”, “negoziazioni”, ecc.; dall’altro allo “spazio cognitivo” in cui anteriormente si vanno a progettare le “mosse” e le “contro-mosse” cui seguiranno i “Comportamenti Sociali”. 

Negli ultimi anni la «Semiotica» si è sempre più occupata di analizzare diversi tipi di “discorsi sociali” e “mediali” (giornalistico, scientifico, pubblicitario, religioso, economico, ecc.). in particolare nel settore dell’analisi del “discorso pubblicitario”, del “marketing”, degli “Spazi” e del “Design” a cui ne derivano la «Semiotica Plastica» e «Figurativa», riferimento a due linguaggi che rivelano una “doppia natura significativa dell’immagine”. 

Da una parte l’”immagine significa a partire da percezioni di carattere prettamente culturale”, dall’altra può essere “portatrice di ulteriori significati” che hanno a che fare con i suoi tratti specificatamente “visivi”, “percettivi” e “culturali” o seguendo una terminologia francese “plastici”. 

L’”Espressione Artistica” che troviamo in Luciano Manara, si presenta in un «dualismo energetico»: è un “viaggio a ritroso nel tempo e verso il futuro”, ripercorrendo correnti artistiche, “colori, polimateriali e oggetti” che fa vivere di dimensioni nuove ed eccitanti, con apporti “polimaterici” di gusto e creatività brillante. 

Tele e sculture, “gemme preziose”, che ci fanno approcciare alla sua produzione, sempre con uno sguardo nuovo. Una linea immaginaria che congiunge le diverse latitudini artistiche, avvicinandoci alla “conoscenza più intima dell’artista” attraverso la “contestualizzazione dialettica dell’opera”. 

Una “nuova concezione di dividere e organizzare la Storia dell’Arte”, una “modalità non convenzionale nel far fruire l’Arte e educare alla bellezza”. 

E se la missione di Luciano è quella di avvicinare sempre di più le persone alla “Cultura dell’Arte” e al suo linguaggio, oggi si può affermare, con assoluta certezza, che lo scopo è stato raggiunto, consegnando la sua Arte all’eternità. 

«L’Arte è “Bellezza” nelle sue poliedriche “Valenze Simboliche e Semantiche”» 

(Prof. G. Paoli)

Viareggio, 29 Aprile 2023

Designer Prof. Giuseppe Paoli

Storico e Critico d’Arte e Letterario

Storico e Critico del Carnevale di Viareggio e nel Mondo

Ricercatore del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali

Ricercatore del C.R.A.U.S. (Centro Ricerche Attività Umane Superiori)

Presidente e Membro di diversi Premi Letterari, Poetici ed Artistici sul Territorio Toscano e Nazionale